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FALLIMENTI SCOLASTICI - LA STORIA DI LUCIA

LA STORIA DI LUCIA

Lucia , ha 15 anni ed è stata adottata dall’ India all’età di 7 anni.
E’ molto fiera dei suoi genitori, in particolare di suo padre con cui sente di avere un legame speciale dal primo giorno in cui lo vide molto tempo fa, nell’istituto in cui viveva.
Da tempo però, le cose non vanno bene in casa di Lucia , si litiga spesso e la ragione è sempre la medesima : la scuola .

“ Mio padre mi ha sempre insegnato che con l’impegno si arriva ovunque e per me alle elementari èstato così ! Ho fatto una grande fatica , ma ce l’ho fatta e ho ottenuto i miei risultati . Oggi però non faccio che prendere brutti voti anche studiando moltissimo e in casa si litiga sempre per colpa di questo .
Non ne posso più di parlare soltanto di scuola e di voti !
…di cosa vorrei parlare con i miei genitori ? …Beh …vorrei parlare di sentimenti”

E’ con questa domanda che Lucia arriva nel mio studio , chiedendo aiuto a ritrovare un rapporto con i suoi genitori.

Dopo pochi incontri, la ragazza decide che sono la strizzacervelli che fa per lei e acconsente ad iniziare un percorso con me per provare acapire come risolvere il suo problema.
Racconta che a causa del suo scarso rendimento scolastico, sente di star deludendo i suoi genitori.
Spesso si sveglia la mattina con forti dolori alla pancia e ciclicamente si riempie di bolle sulla pelle.
Sente di vivere inoltre in uno stato di angoscia perenne,  da cui riescea prendere sollievo raramente arrabbiandosi all’improvviso con i suoi genitori , sbattendo le porte e pentendosene poi,  subito dopo.
Tenere segrete la sua difficoltà con la scuola, nell’attesa di capire meglio come migliorare, le risulta impossibile, poiché i suoi genitori vengono sempre a conoscenza della sua carriera scolastica ancor prima dilei, consultando il registro elettronico on line sul sito della scuola.

“ Ma come Lucia ! hai preso un altro 2 a fisica ? ma non avevamo studiato insieme fino a mezzanotte la settimana scorsa ??!!”

Così è stata accolta Lucia un giorno tornando da scuola, ancora ignara del risultato preso al compito svolto la mattina stessa .
Anche i genitori di Lucia , che decido di incontrare nelle sedute successive , si sentono profondamente angosciati dalla “questione scuola” .

“ Non sappiamo più come aiutarla! Lucia è una ragazzina piena di risorse, ma capiamo che è difficile per lei. E’ come se facesse il triplo della fatica per stare al passo con gli altri ragazzi. In più notiamo anche si distrae continuamente ed è svogliata se non la obblighiamo noi a stare concentrata.  La scuola sta mangiando via tutto il nostro tempo insieme .Non si parla d’altro ormai ed è tutto un litigio. Sentiamo di esagerarecon il controllo, ma non sappiamo davvero che fare!”

Mentre dedico qualche incontro a esplorare con i genitori di Lucia  aspettative e desideri riguardo alla vita della loro figlia e a recuperare dalla memoria i loro vissuti scolastici e adolescenziali, proseguo separatamente nella conoscenza della figlia con la quale cerco di comprendere quali siano interessi,  desideri e qualità che sente di possedere e che tipo di donna immagina di voler esser nel futuro.

Le relazioni sociali di Lucia infatti sono ottime, in classe può contare su numerose amicizie e i professori , anche se non tutti , hannouna buona considerazione di lei.
La motivazione che sottolinea, la porta in consulenza psicologica, è legata al cattivo rendimento e alle conseguenze conflittuali che questo genera nella sua famiglia.
Nonostante abbia scelto un indirizzo scientifico, Lucia confessa di odiare la matematica e di possedere piuttosto un’ anima artistica. Passerebbe giornate intere a disegnare, colorare, costruire con ogni tipo di materiale .
Tuttavia alla domanda su come si veda nel futuro , Lucia risponde di voler essere una scienziata, come i suoi genitori .
Esplorando insieme a lei le professioni  e le storie familiari, Lucia diventa consapevole di qualcosa di nuovo :

“ Beh .. in casa mia tutti hanno scelto materie scientifiche ! Se non lo faccio anch’io , non sono parte di questa famiglia”

Gli incontri successivi vengono dedicati al tema dell’adozione e cerchiamo di capire insieme cosa significhi per lei essere una figlia adottiva, a cosa attribuisca il suo sentimento di appartenenza alla sua famiglia e quale sia la posizione che sente di possedere all’interno di questa .

Le sedute diventano molto dense e Lucia inizia a riconoscere una sofferenza da cui da sempre si è sentita abitata, ma alla quale non riusciva a dare un nome.

In uno degli incontri che considero cruciali del nostro percorso, decido di proporle quello che chiamo il “gioco delle eredità”, in cui le chiedo di provare a scrivere su un foglio diviso in due parti, da un lato cosa sente di aver ricevuto in dono dai suoi genitori , dall’altro cosa sente di aver donato loro.

Dopo un’ intera ora passata a dettagliare la parte dei doni ricevuti con l’adozione, Lucia scoppia in lacrime dinnanzi all’incapacità di proseguire nel completamento della parte dedicata a lei, in qualità di portatrice di doni .

“ Io, in realtà , sento di non aver portato niente in dono ai miei genitori”

C’è voluto molto tempo perché Lucia riuscisse a riempire anche l’altra parte del foglio e una volta riuscitaci,  ritiene di aver scoperto una persona diversa dentro di sé, non solo capace di ricevere, ma anche di dare.
Ricordo di aver notato un andatura diversa nel passo di questa giovane donna quando ha lasciato il mio studio a conclusione dell’ultimo incontro: le sue spalle erano aperte, lo sguardo e il viso più eretto, il passo più lento, cadenzato e sicuro.
Oggi Lucia ha cambiato indirizzo scolastico, frequenta il liceo artistico e porta a casa ottimi voti .
In casa si parla molto poco di scuola, molto più di sentimenti  e i conflitti a causa del rendimento sono cessati.


Cosa è accaduto nel percorso con Lucia?

Come è noto il processo di separazione e individuazione attraverso cui l’individuo costruisce  il proprio senso di identità unica, separatae autonoma, se pur ha inizio nel neonato, diviene compito centrale di sviluppo nell’età dell’ adolescenza.
Scoprire e permettersi  di essere diversi dai propri genitori e da ciò che si pensa loro desidererebbero, mettere in discussione valori e modelli familiari mantenendo comunque salda la propria posizione e il proprio diritto ad essere parte della famiglia, rappresenta il principale sforzo psichico che ad ogni adolescente spetta compiere  per crescere e incamminarsi verso l’età adulta.

foto 1Tuttavia, come descritto nella situazione di Lucia, nell’adolescenza adottivapuò accadere che la necessaria  presa di distanza e differenziazione dai propri genitori, fondamentale alla definizione della propria alterità e identità, risulti un processo difficoltoso, in quanto sentitocome possibile minaccia all’appartenenza familiare.

In questo caso, può essere utile ricordare dei principi cardine che riguardano le  specifiche caratteristiche e compiti di sviluppo cui la famiglia adottiva è chiamata a rispondere.

Come ben descritto da Cigoli e Scabini (2005), la specificità all’origine del legame familiare adottivo, poggia su un processo che coinvolge tutti i membri del corpo familiare, (nell’adolescenza dei figli acquisisce particolare rilievo) che viene definito “patto adottivo”.

Perché con l’adozione si riesca davvero a fare Famiglia, rendendo familiare un origine estranea, sostiene Cigoli, è necessario che questo patto tacito che impegna psicologicamente i membri del corpo familiare possegga due elementi fondamentali:

  • Il patto deve essere reciproco :

 -Due adulti devono poter acconsentire ad essere genitori proprio di quel figlio, non solo non nato da loro, ma anche sempre diverso rispetto a quello atteso e immaginato.
-Un figlio deve poter acconsentire e autorizzare proprio quell’uomo e quella donna ad essergli genitori e riconoscere di avere un proprio posto nella catena delle generazioni e nella storia di quella famiglia.

  • La reciprocità deve manifestarsi come scambio di doni :

Perché il patto di appartenenza abbia successo e sia di qualità generativa, è necessario che la reciprocità si manifesti e caratterizzi anche come scambio di doni e non solo come assunzione di ruoli.
Se da un lato due genitori contribuiscono al Familiare portando in dono cura, protezione e una famiglia ad un figlio che ne era carente, è necessario che anche un figlio senta di poter offrire in dono a quei genitori ,una possibilità di genitorialità e di continuità familiare chesenza di lui non avrebbe potuto essere.

Questo ritengo sia accaduto nel percorso con Lucia: non appena le è stato possibile fare spazio alla propria diversità, ripensata non come minaccia di estraneità ed espulsione familiare, ma come contributo e dono nel legame, si è potuta incamminare verso una strada di autonomia edi definizione della sua identità come è necessario accada in ogni adolescente.

 

Di Silvania Barnini
Psicologa e Mediatrice Familiare

TRATTO DA:

https://lecicatricidoro.wordpress.com/2015/12/01/fallimenti-scolastici-e-adozione-la-storia-di-lucia/

 

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